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IL GATTO RANDAGIO

classe 4^A

Era una gelida mattina d’inverno io stavo giocando con la neve in


giardino, quando ad un tratto sbucò da un cespuglio una palla di pelo
grigiastro. Pensai ad un pallone e mi avvicinai: era un gatto, probabilmente
randagio perché era magrissimo, si vedevano le costole.
Osservandolo da vicino notai che aveva molte cicatrici, il muso era tutto
graffiato. Il suo corpo era molto sporco, arruffato e spelacchiato, non
morbido come quello di un gatto domestico.
Mi accorsi che aveva le orecchie mangiucchiate, la coda rovinata, mozzata
e sempre rivolta verso terra.
Mi fissava con i suoi grandi occhi verde smeraldo: implorava aiuto.
Mi faceva pena. Lo presi in braccio: era infreddolito e tremava come una
foglia. Lo portai in casa, lo avvolsi in una calda e morbida coperta e lo
sistemai davanti alla stufa. Gli preparai una ciotola di latte e biscotti che
divorò in un attimo. Si accovacciò davanti alla stufa e si addormentò
cullato dal dolce calore del fuoco.
Dal quel momento quel gatto divenne tutto mio e lo chiamai Fiocco.

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