LA PITTURA NON E' STATA INVENTATA PER DECORARE APPARTAMENTI. ESSA E' UN'ARMA DI OFFESA E DI DIFESA DAL NEMICO.

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L@ M;-)SCHERA

Il simbolo della maschera indica un bisogno di protezione, ma anche di trasformazione. E' il non-essere che vorrebbe farsi essere, l'occultamento che presume di farsi disvelamento. E' identificante di un'assenza, di una diversità, a volte di una patologia.

Nell'antichità le maschere rappresentavano le forze sovrannaturali della divinità; qui invece sembrano rappresentare le forze subnaturali dell'uomo, l'incapacità di essere e, insieme. la ribellione a questa incapacità, la volontà di superarla o di sfuggire a un giudizio che condanna a un ruolo prestabilito. La maschera serve per nascondere un vuoto e nel contempo per indicare che si vuole colmarlo con un pieno diverso.

Maschera dello Zaire, Tervuren (Belgio), Museo reale dell'Africa centrale

L'uomo è maschera di se stesso, che si dà un potere di mimetizzazione per sfuggire a una maledizione le cui cause vengono ritenute inspiegabili, non ben identificate. Il malessere viene avvertito come generale oltre che come individuale, ed è un malessere percepito come sovrastante la libertà individuale. Tant'è che le figure sono prive di contesto, sono atemporali, come se dessero per scontato il male di vivere.

Nel mondo africano la maschera serve allo stregone per dimostrare la propria superiorità o la superiorità dei poteri ch'egli rappresenta, poteri che legano la comunità alle forze sovrannaturali, in cui la comunità crede. E' un simbolo che dimostra un potere che già si possiede, riconosciuto dal collettivo.

Qui invece si rivendica un potere che nasce da un'impotenza, dall'incapacità di vivere. Le forze sovrannaturali (che qui di religioso non hanno nulla) sono un maledizione da evitarsi appunto con l'uso della maschera, che nasconde l'identità e ne fa apparire un'altra.

La svolta, negativa, contestativa, ribellistica, anche se nell'ambito del sistema, sta proprio nelle maschere: le mani sono scomparse perché diventate inutili. La maschera serve per togliere allo sguardo la fissità che giudica il mondo, che giudica l'osservatore.

L'artista che percepiva l'alienazione moderna e che dipingeva figure per denunciarla (vedi soprattutto il "periodo blu"), ora sceglie una forma di compromesso: non più figure di denuncia, ma figure che si nascondono, per rendere più leggero il peso dell'alienazione; in cambio l'osservatore deve accettare la scomposizione della figura che, essendo alienata, non può più presentarsi quale essa è. L'osservatore deve accettare che l'arte di Picasso si ponga come conseguenza ultima dell'arte occidentale, a sua volta specchio della società borghese decadente.

L'identità è stata frantumata dalla storia della civiltà borghese, per cui è irrappresentabile: la maschera, o meglio la scomposizione del soggetto, diventa l'unico modo che l'artista ha di non giudicare l'osservatore e l'osservatore l'unico modo che ha di guardare se stesso.

Dunque con questo dipinto Picasso ha voluto mostrare non solo se stesso, ma, con un'acuta consapevolezza artistica, anche tutta l'arte occidentale fino al suo tempo e ha posto le basi per uno sviluppo ambivalente: uno sviluppo che poteva portare o alla distruzione dell'arte in quanto tale, o alla trasformazione dell'arte in strumento di contestazione della realtà sociale.

Saranno le guerre mondiali a fargli capire che per esprimere al meglio le istanze popolari doveva rendere il cubismo intelligibile alle masse. Di qui il capolavoro di Guernica.

Homolaicus - Ultima modifica: 05 agosto 2013 - Sez. Arte