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5 Ottobre 2021
7:00

Come è fatto l’interno della Terra? E come l’abbiamo capito?

Il nostro pianeta al suo interno è composto principalmente da quattro strati: crosta, mantello, nucleo esterno e nucleo interno. La scoperta di questi livelli è stata resa possibile dallo studio della propagazione delle onde sismiche ed è tutt'ora oggetto di studio da parte dei ricercatori: non potendo fisicamente scendere a migliaia di km di profondità per raccogliere dei campioni, è sempre complicato formulare teorie ed ipotesi sulla struttura interna della Terra.

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Come è fatto l’interno della Terra? E come l’abbiamo capito?
Struttura_interna

La Terra può essere approssimata ad una sfera leggermente schiacciata ai poli, con raggio medio pari a 6360 km circa (per la precisione 6378 km all'equatore e 6357 km ai poli).
Gli studi geologici hanno stimato un’età di circa 4.543 miliardi di anni e la sua struttura interna presenta diversi strati che abbiamo chiamato – dall’interno verso l’esterno – crosta, mantello, nucleo esterno e nucleo interno. Negli ultimi tempi se ne sentono di tutti i colori sulla Terra, da chi dice che è piatta a chi sostiene che all’interno sia cava. Insomma, una gran confusione legata ad una scarsa informazione.

Come facciamo a conoscere la struttura interna della Terra?

Come facciamo a sapere che la Terra è formata da una crosta, un mantello, un nucleo esterno liquido e un nucleo interno solido? Questi megastrati concentrici vengono studiati dai bambini sin dalle scuole elementari, ma spesso viene tralasciato come si è arrivati a tale risultato. A mio avviso è proprio il «come» che ne racchiude tutto il fascino.

La struttura della Terra è stata dedotta grazie allo studio delle onde sismiche sprigionate dai terremoti. Queste onde possono viaggiare nella roccia per migliaia di chilometri, e riescono dunque ad arrivare anche al centro della Terra. Le onde si dividono in due tipi: le P (quelle più veloci, si trasmettono anche nei liquidi ma vengono rallentate) e le S (sono più lente, perciò “seconde”, e non si trasmettono nei liquidi).

Non appena avvenuto un sisma, le Onde P e le Onde S cominceranno a propagarsi in profondità sempre più velocemente. Questo è un primo interessante risultato perché la velocità aumenta con l’incremento della densità! Improvvisamente, alla profondità di circa 2900 chilometri, succede qualcosa di strano: le Onde P rallentano di colpo e le Onde S scompaiono. Questa zona, chiamata “zona d’ombra delle onde P”, è rappresentata nella figura sottostante.  Avviene esattamente ciò che avverrebbe in un liquido e quindi non possiamo fare altro che dedurre un secondo risultato: a 2900 chilometri di profondità c’è una discontinuità che separa uno strato solido da uno strato liquido. È così che abbiamo dedotto il passaggio dal mantello al nucleo esterno (liquido)!
Proseguendo verso l’interno, a circa 5170 chilometri, le Onde P aumentano nuovamente e repentinamente la loro velocità. Questo ci fa dedurre che esiste un’altra discontinuità che separa il nucleo esterno dal nucleo interno, che è solido e molto denso.

Zona-ombra-onde-sismiche
Rappresentazione schematica della zona d’ombra delle one P (credit: USGS).

Gli strati della Terra

Il nostro pianeta è composto da quattro strati: crosta, mantello, nucleo esterno, nucleo interno. Andiamo a vederli uno ad uno nel dettaglio.

Crosta terrestre

La crosta è lo strato più sottile e meno pesante del nostro pianeta (la sua massa è pari al 0.4% del totale). Esistono in realtà due tipologie di crosta: una continentale e una oceanica.

Crosta continentale

La crosta continentale è la più spessa tra le due, con valori oscillanti tra i 30 e 50 km di spessore ma con picchi fino a 70 km in corrispondenza delle catene montuose più elevate. La sua densità è tuttavia minore della sua controparte oceanica e le rocce presenti possono essere di ogni tipo: magmatico, sedimentario e metamorfico. Essendo la porzione di Terra più leggera, costituisce la quasi totalità delle terre emerse (ovviamente, esistono eccezioni). Sempre per un discorso di densità, è piuttosto complesso “riassorbirla” nel mantello. Questo fa sì che le età più antiche misurate risalgano addirittura a circa 4 miliardi di anni fa!

Crosta oceanica

La crosta oceanica ha uno spessore decisamente più ridotto (tra 5 e 15 km) ma, rispetto a quella continentale, ha una densità maggiore. Le principali rocce che la costituiscono sono magmatiche (basalti) e derivano dalla fusione parziale della peridotite – cioè la tipologia di roccia che forma la parte superiore del mantello.

Essendo più densa, la crosta oceanica si osserva solitamente sui fondali marini, anche se ovviamente è una semplificazione e porzioni di crosta oceanica possono essere osservati anche sulla terraferma – le cosiddette “ofioliti”.

La densità maggiore provoca anche una maggior facilità nel venire riassorbita all’interno del mantello attraverso le celebri zone di subduzione (nei contesti di collisione tettonica) e, di conseguenza, le massime età osservate non superano i 200 milioni di anni.

Una caratteristica sicuramente particolare della crosta oceanica è la cosiddetta magnetizzazione residua. In pratica, alcuni minerali sono in grado di registrare in maniera indelebile le informazioni relative al campo magnetico presente al momento della loro formazione. Guardando la variazione dell’orientazione dei minerali che compongono i fondali oceanici, è stato possibile scoprire tutte le inversioni magnetiche negli ultimi milioni di anni!

Mantello terrestre

Da un punto di vista volumetrico, il mantello occupa la maggior parte del nostro pianeta – circa l’84% – e ha una massa pari circa al 68% del totale. A 2900 km di profondità la discontinuità di Gutenberg separa questo strato dal nucleo esterno (cioè dalla sopracitata zona d’ombra delle onde P) e le temperature al contatto tra i due è nell’ordine dei 4000°C. La natura del mantello è stata studiata sia indirettamente (ad esempio con la sismica e con simulazioni in laboratorio) sia tramite l’analisi di campioni che, in particolari contesti geologici, possono arrivare in superficie e, quindi, essere raccolti e analizzati (in alternativa, vengono studiate anche alcune tipologie di meteoriti che sono chimicamente simili). Nel complesso, possiamo semplificare dicendo che il mantello ha una composizione peridotitica, ovvero rocce basiche (povere in silice) che contengono principalmente due minerali chiamati olivina e pirosseno.

In realtà, anche il mantello è costituito da due diverse porzioni, una superiore e una inferiore, separate da una zona di transizione spessa circa 200 km. Nota bene, il mantello è prevalentemente solido in entrambe le sue suddivisioni, non esiste il mantello liquido! Abbiamo la dimostrazione: nel mantello si propagano sia le onde P che le S. Se fosse liquido le S non si propagherebbero.

Peridotite
Campione di peridotite, una delle tipologie di roccia più comuni nel mantello terrestre.

Nucleo terrestre

Il nucleo (interno ed esterno) ha un raggio di circa 3470 km e si estende dai 2900 km di profondità (discontinuità di Gutenberg) fino al centro della Terra. Nonostante abbia un volume pari solo ad un settimo di quello dell’intero pianeta, la sua massa è pari circa al 31% del totale a causa della sua composizione a base di ferro e nichel.

Come abbiamo accennato in precedenza, il nucleo è diviso in due diversi strati: uno interno solido e uno esterno liquido.

Nucleo interno

La composizione del nucleo interno è prevalentemente ferrosa, con un contenuto di nichel stimato tra il 10 e il 20% (nonostante questi valori siano ampiamente dibattuti all’interno della comunità scientifica). La temperatura qui è compresa tra i 5000°C e i 6000°C ma, nonostante il valore elevatissimo, le forti pressioni fanno sì che tutto sia allo stato solido!

Nucleo esterno

Separato dal nucleo interno tramite la cosiddetta discontinuità di Lehmann, a 5170 km di profondità si verifica il passaggio al nucleo esterno. Qui, oltre a ferro e nichel, sono presenti anche elementi più leggeri (circa 10-15%) che si ritiene possano essere ossigeno e zolfo. La comunità scientifica ritiene che la sua natura liquida permetta lo spostamento di grandi masse di materiale che, a loro volta, sono in grado di generare il campo magnetico terrestre: è proprio grazie a questo strato che possiamo usare le bussole per orientarci!

Classificazione reologica

Credo valga la pena spendere le ultime parole in merito ad un secondo tipo di classificazione che non si basa sulla composizione e sulla struttura, quanto sulla reologia, cioè il comportamento meccanico degli strati. Abbiamo infatti:

  • Litosfera: circa 100 km di spessore, corrisponde grossomodo alla crosta terrestre e ad una porzione superficiale del mantello. Il suo comportamento è prevalente fragile – quindi tende a spezzarsi. Questo è ben visibile quando parliamo di faglie, terremoti e tettonica delle placche. Nei tempi geologici però anche la litosfera può piegarsi e la prova sono pieghe geologiche;
  • Astenosfera: si estenda dai 100 ai 700 km circa sotto la superficie terrestre. Si trova sotto la litosfera e, a differenza di questa, ha un comportamento prevalentemente duttile. Questo significa che, anziché spezzarsi, tende a piegarsi e a deformarsi, quasi come fosse della plastilina. Grazie a questa proprietà, l'astenosfera può essere considerata come il “nastro trasportatore” che permette alle placche di spostarsi. ATTENZIONE: se qualcuno si fosse distratto, ripetiamo che si tratta sempre di uno strato solido che si deforma nell’ordine dei tempi geologici! Ciò che rende possibile il movimento delle placche è la differenza di viscosità tra litosfera e astenosfera. L’astenosfera, anche se solida, ha una viscosità relativamente più bassa della litosfera e permette lo scorrimento di quest’ultima.
  • Mesosfera: a una profondità di circa 660 km, la pressione diventa così grande che il mantello non può più fluire; è da qui che inizia la cosiddetta Mesosfera uno strato molto spesso che va fino al contatto con il nucleo esterno.

Il mantello litosferico, l'astenosfera e la mesosfera condividono tutti la stessa composizione (quella della peridotite), ma le loro proprietà meccaniche sono significativamente diverse. I geologi si riferiscono spesso all'astenosfera come un formaggino tra due pezzi di pane: la litosfera e la mesosfera.

Sono un geologo appassionato di scrittura e, in particolare, mi piace raccontare il funzionamento delle cose e tutte quelle storie assurde (ma vere) che accadono nel mondo ogni giorno. Credo che uno degli elementi chiave per creare un buon contenuto sia mescolare scienza e cultura “pop”: proprio per questo motivo amo guardare film, andare ai concerti e collezionare dischi in vinile.
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